“Liberare le storie”: LiberaMente promuove il Laboratorio di scrittura creativa per i detenuti

Articolo de “La Nuova Calabria”

Undici detenuti di alta sicurezza, un foglio di carta e una penna. Sono i protagonisti di “Liberare le storie”, laboratorio di scrittura creativa in carcere promosso a Cosenza dall’associazione di volontariato penitenziario LiberaMente e sostenuto nell’ambito del bando di progettazione sociale “Idee in movimento” del MLAC (Movimento Lavoratori di Azione Cattolica).

Il progetto propone ai detenuti della casa circondariale di Cosenza un’azione di formazione non formale con l’obiettivo di arricchirli e migliorare le loro condizioni individuali, facilitando il superamento del senso di isolamento dovuto alla detenzione. Il laboratorio è curato dalla giornalista e scrittrice, Rosalba Baldino.

“I partecipanti sono molto motivati – ha dichiarato Baldino – sentono di fare una cosa importante. Tutti partono da situazioni personali e culturali diverse, ma hanno in comune la voglia di scrivere storie, sono curiosi di scoprire a cosa serve la scrittura”. Soddisfatti per la replica di un progetto che ha funzionato già nel 2017 e che ha portato alla pubblicazione del libro “Controluce”, i vertici dirigenziali della casa circondariale che ne hanno riconosciuto l’altissima valenza trattamentale e che hanno registrato una forte volontà di partecipazione da parte dei detenuti. “La scrittura è come una voce che arriva da dentro, come un’elaborazione del pensiero – continua Baldino – è come se parlassimo ad una parte dimenticata della loro esistenza per rieducare alla bellezza, alla positività della vita”.

Ogni lunedì, per dieci settimane, i detenuti incontrano Rosalba e insieme a lei lavorano sull’immaginazione e sulle tecniche di scrittura. Un’idea semplice, ma talmente affascinante da aver colpito i finanziatori che hanno deciso di sostenerla. “Vengono selezionate le proposte che hanno un buon impatto sociale e in cui è evidente un lavoro di rete. Nel caso di LiberaMente il progetto è stato valutato interessante dalla commissione e meritevole di essere sostenuto. È una piccola opportunità quella che noi diamo, ma fa in modo che la gente si metta insieme” – queste le parole di Tommaso Marino, segretario nazionale Movimento Lavoratori di Azione Cattolica – l’obiettivo è sostenere le persone che ne hanno necessità attraverso il finanziamento di questi progetti, ma anche valorizzare la capacità dei territori di progettare e creare professionalità proprio nel campo della progettazione”. 

Il bando Idee in Movimento nasce, infatti, con l’idea di valorizzare l’esperienza dei territori. In 15 anni sono stati 200 i progetti presentati e 60 quelli finanziati, tra cui quello di LiberaMente. La scadenza del prossimo bando, realizzato in collaborazione con Caritas Italiana, Ufficio Nazionale di Pastorale del Lavoro e Progetto Policoro è il 15 novembre.

“Stiamo percorrendo da tempo questo filone culturale con progetti dedicati alla scrittura – ha affermato Francesco Cosentini, presidente di LiberaMente – questo progetto sarà replicato anche il prossimo anno per i detenuti della media sicurezza e ne abbiamo un altro in programma sulla scrittura autobiografica con l’esperta Carla Chiappini. I lavori di entrambi i percorsi troveranno spazio in un libro edito da Pellegrini”.

“Carcere: il volontariato è prezioso, ma va usato meglio”, di Lorenzo Maria Alvaro

Articolo di lorenzo maria alvaro

«Oggi la rieducazione dei detenuti è totalmente appaltata ai volontari, vissuti però con fastidio dal sistema penitenziario. Serve un atteggiamento proattivo e quindi di governo che renda davvero efficaci e sistemiche queste attività». L’intervista con Filippo Giordano, professore Associato di Economia Aziendale all’Università LUMSA di Roma

Un gesto simbolico dello Stato che porta i massimi vertici istituzionali nel carcere dopo le violenze del 6 aprile di agenti di polizia penitenziaria contro i detenuti. Oggi il presidente del Consiglio Mario Draghi e la ministra della Giustizia Marta Cartabia sono stati in visita al penitenziario di Santa Maria Capua Vetere. Quelle violenze hanno riportato il tema delle carcere sotto i riflettori. Nonostante si tratti di un allarme che non è mai rientrato negli anni. «Il tasso di sovraffollamento carcerario dal 2015 a fine 2019 è passato dal 105% al 120%, per poi essere riportato al 105% con gli interventi di alleggerimento durante il 2020. Nello stesso periodo sono cresciuti significativamente gli eventi critici. Dal 2016 al 2019 gli atti di autolesionismo sono aumentati del 31,9% e i tentati suicidi del 49,5%. Questi dati sono indice non solo di cattiva qualità delle condizioni di vita delle persone detenute, ma anche del peggioramento del contesto organizzativo in cui si trova a operare l’amministrazione penitenziaria nonché di un ambiente di lavoro difficile, tossico e carico di tensione», sottolinea Filippo Giordano, professore Associato di Economia Aziendale all’Università LUMSA di Roma e Presidente della Laurea Magistrale in Management and Finance. Docente di Social Entrepreneurship all’Università Bocconi e Research Affiliate presso il centro di ricerca ICRIOS Bocconi. L’intervista

Il carcere rimane da anni un problema su cui non si trovano soluzioni. Santa Maria Capua Vetere è stata, complice le immagini, solo il motivo per cui un problema annoso è tornato di attualità. Tutti i dati ci dicono che è un sistema in difficoltà…
È così. Ed è in difficoltà sopratutto rispetto ad una parte della propria vocazione.

In che senso?
Il carcere è una modalità di esecuzione della pena ed è definita dall’ordinamento come estrema ratio. L’obiettivo del carcere è privare della libertà e isolare il detenuto. All’interno di un contesto di privazione della libertà e ad un isolamento che serve a recidere i legami con il mondo criminale e a limitare che la pericolosità del soggetto continui ad essere nociva per la comunità l’esecuzione della pena carceraria deve tendere alla rieducazione. Lo dice la Costituzione ma anche gli organismi internazionali. Perché anche le Nazioni Uniti nel 2006 si sono espresse in questo senso. L’obiettivo riabilitativo è sostanziale perché in caso contrario il costo sociale sarebbe altissimo, basti pensare alla recidiva e alla radicalizzazione criminale. Tutti gli studi ci dicono che purtroppo il carcere oggi è criminogeno e peggiorativo di tutte le condizioni di disagio sociale degli individui. Per capirci non è una situazione in cui è oggi possibile trovare una risposta alla tossicodipendenze, anzi l’aggrava. Non è un fattore in cui trovare una risposta all’integrazione sociale che spesso è una causa della delinquenza.

Qual è la situazione della rieducazione del carcere italiano oggi?
Basta pensare che l’Italia secondo i dati 2020 del Consiglio d’Europa è il secondo Paese in Europa, dopo Malta, per percentuale di numero di operatori di Polizia penitenziaria presenti negli istituti di pena, l’84,3% sul totale degli operatori, con una media Ue del 61%. Dopo di noi la Turchia con l’82,1%. In Francia, per esempio, la percentuale è del 70,1, in Spagna del 63,8 per citare alcuni Stati simili a noi per caratteristiche di sistema. Questo si traduce in rapporto tra detenuti e polizia penitenziaria di 1,8 mentre tra detenuti e personale addetto alla rieducazione c’è un rapporto di 76 a 1.

E in termini di risorse? 
I dati, fonte Antigone, ci dicono che nel 2020 il budget è stato di 6,8 milioni di euro a fronte di una spesa complessiva del Dap di circa 3 miliardi, in pratica 0,35 centesimi in media al giorno per detenuto. Questo volume di importi è stato confermato anche per il 2021.

L’attività di rieducazione negli istituti dipende in prevalenza da iniziative volontarie…
Assolutamente. L’ordinamento penitenziario all’art.17 definisce un aspetto di valore: la necessità di una collaborazione attiva con il mondo esterno per la rieducazione. Quindi l’ordinamento penitenziario chiama la società ad un ruolo attivo. Naturalmente c’è, in questo, la ricerca di un alibi, nel delegare totalmente il tema.

Nel senso che in qualche modo è quello che succede? 
I volontari apportano risorse, impegno e competenze al servizio della causa. Un attivismo lodevole e importante senza il quale le carceri sarebbero luoghi di mera detenzione, ma insufficiente e spesso non adeguato rispetto ai fabbisogni reali dei detenuti. Le criticità sono molteplici. I progetti coinvolgono pochi detenuti e non sono continui nel tempo poiché dipendenti da piccoli finanziamenti annuali da parte di enti locali e fondazioni. I volontari non ricevono alcun tipo di formazione e pochi sono gli attori che professionalmente si dedicano alla rieducazione dei detenuti. Inoltre, l’amministrazione penitenziaria abdica a un ruolo di governo di questi interventi, i cui esiti in termini di impatto non sono monitorati e quindi non conosciuti.

Come riformare il sistema? 
I Paesi che hanno intrapreso percorsi di cambiamento hanno contrastato l’affollamento con misure alternative e combattuto la recidiva attraverso una maggiore apertura ai programmi riabilitativi, la socialità, il lavoro, l’istruzione e la responsabilità registrando miglioramenti nelle condizioni carcerarie e, conseguentemente, nel recupero dei detenuti. Gli esempi di Norvegia e Germania lo dimostrano. È importante sottolineare come questi Paesi siano passati attraverso importanti riforme giuridiche che hanno reso possibile un’organizzazione e un’allocazione delle risorse più funzionale alla missione riabilitativa del sistema.

Nel concreto che cosa si può fare?
Bisogna affrontare le criticità del sistema che nascono dall’affidarsi totalmente al volontariato

Quali sono?
C’è in primo luogo un problema di tipo quantitativo. A livello nazionale c’è una forte sperequazione rispetto all’offerta trattamentale rispetto ai vari istituti. I carceri milanesi godono del dinamismo cittadino che è molto maggiore rispetto ad altri contesti. Poi c’è un problema qualitativo: gli istituti hanno fame di progetti e tendono ad accettare tutte le proposte che gli vengono presentate. Questo però genera uno squilibrio rispetto alle attività a seconda del territorio. Il carcere farà sport e non formazione professionale se il territorio offre quel tipo di attività piuttosto che percorsi culturali invece che sport. Non c’è match tra fabbisogno dei detenuti e offerta. Ma per esserci serve un atteggiamento proattivo e quindi di governo. Le attività trattamentali previste sono di varia natura, lo prevede l’ordinamento. Dalla formazione professionale all’istruzione passando per esperienze culturali e artistiche espressive, fino alla genitorialità e alla pet terapy. Sono tutte importanti perché ciascuna attività produce un impatto diverso. La rieducazione è un lavoro, una professione.

Significa che non può essere gestita come oggi?
Certo. Anche io ho fatto il volontario in carcere. L’ho fatto senza che nessuno mi abbia spiegato come e cosa dovevo fare. Non si può approcciare questo tema come se fosse un’attività qualunque. Bisogna governarla, potenziare corsi di formazione e professionalizzazione dei volontari. Se l’obiettivo di un’organizzazione è educare le persone detenute serve allineare la governance e le professioni interne all’obiettivo.

Anche il carcere però spesso e volentieri è escludente e vive con fatica l’ingresso dei volontari e delle associazioni…
Non c’è dubbio. Oggi l’attività rieducativa dipende dalla tenacia e perseveranza con cui l’associazionismo bussa alle porte del carcere e lavora in un contesto spesso respingente. Quando parlo di governance mi riferisco anche al fatto che vengano create le condizioni che sostengano questo intervento esterno. Per avere un carcere che rieduca oggi avremmo bisogno di risorse maggiori, magari chiedendo finanziamenti anche da parte dell’amministrazione penitenziaria, e un’organizzazione affinché l’intervento riabilitativo sia efficace, quindi un approccio più collaborativo con il mondo del volontariato.

Partecipazione al concorso “Idee in Movimento”

Siamo felici di annunciare la nostra partecipazione al concorso “Idee in Movimento”, indetto dal Movimento Lavoratori di Azione Cattolica. Il progetto che proponiamo, dal titolo “Legami d’arte: percorsi di Arteterapia e Genitorialità”, ha come obiettivo quello di rafforzare il rapporto tra ragazzi a rischio devianza o inseriti nel circuito penale e la loro famiglia. Affinché possa essere realizzato, è necessario raccogliere più voti possibili.

Votare il progetto è molto semplice! Basterà cliccare sul link https://concorsoidee.azionecattolica.it/node/138, registrarsi e, successivamente, cliccare sulla manina che appare in fondo alla pagina.

E’ possibile votare fino al 18 Marzo.

Il presidente e i volontari ringraziano anticipatamente tutti.

Collaborazione al progetto “La lettura cura, la lettura libera”

Abbiamo il piacere di comunicarvi la nostra collaborazione al progetto “La lettura cura, la lettura libera”, a cura dell’associazione Confluenze. Scopo del progetto è lenire le sofferenze attraverso i benefici della lettura, per questo l’associazione Confluenze ha deciso di donare alcuni volumi di autori del centro sud alla biblioteca della Casa Circondariale di Cosenza e alla biblioteca del reparto di pediatria dell’Ospedale Civile dell’Annunziata.

I libri donati:

“La pazienza dei melograni”, Alessandra Angelucci

“I cristalli di Francesco”, Rosalba Baldino

“Mi porti da Francesco”, Rosalba Baldino

“Autostop per Milano e ritorno con la laurea”, Tommaso Corda

“Il volontariato invisibile”, Tommaso Corda

“Arriati ‘na persiana”, Brunella D’Angelo

“Il secondo lavoro di Babbo Natale”, Michele D’Ignazio

“Babbo Natale fa gli straordinari”, Michele D’Ignazio

“Storia di una matita”, Michele D’Ignazio

“Angelica e lo gnomo del bosco”, Emanuela Di Marino

“Alastò – Storia di un cardellino”, Grazia Fasanella

“Lo strano caso nel rêverie”, Marcostefano Gallo

“Passo davanti”, Nadine Brun-Cosme

“Il figlio del mare”, Eliana Iorfida

“Attraverso i suoi occhi”, Francesca Librandi

“Il bosco”, Assunta Morrone

“Riesci a vedere laggiù?”, Assunta Morrone

“U principicchiu”, Lindo Nudo

“La prigione di carta”, Marco Onnembo

“L’urlo della libertà”, Sergio Ruggiero

“Cercando Beethoven”, Saverio Simonelli

“Il rovescio della medaglia”, Saverio Simonelli

“Coiffeur”, Gianfranco Taranto

“Mamma farfalla”, Daniela Valente

“Dura la vita da duro”, Daniela Valente

“Arturo e l’uomo nero”, Daniela Valente

Aggiornamento, 07 Febbraio 2021

Oggi si è conclusa la prima edizione del progetto “La lettura cura la lettura libera”, promosso dall’associazione Confluenze. La Presidente dell’associazione culturale, Francesca Daniele, la Vice Presidente, Marie-José D’Alessandro, e l’addetto stampa, Valerio Caparelli, hanno consegnato alla Casa Circondariale di Cosenza i libri donati dagli autori che hanno aderito al fine nobile di questo progetto di solidarietà e cultura, alla presenza della Direttrice dell’Istituto, dott.ssa Maria Luisa Mendicino, dell’Educatrice, dott.ssa Bruna Scarcello, del Presidente della nostra associazione, Francesco Cosentini, e della Vice Presidente, Giada De Bonis.